Il racconto di Abida Sultan

Il racconto di Abida Sultan, figlia di Hamidullah Khan, l’ultimo nababbo del Principato di Bhopal.
An interesting side effect of the (Second World) War was the location of an Italian prisoner of war camp in Bairagarh, a specially built camp a few miles out of Bhopal, overlooked by Noor-us-Sabah (the residence of Abida Sultan, presently turned to a heritage hotel). Twenty thousand Italian prisoners were confined at Bairagarh barracks and in the early days we doubled our security guard at Noor-us-Sabah in case escaped prisoners made for the nearest house they could see. After a few months, it was evident that the Italian PoWs were not inclined to attempt daring escapes and were content to while their time away peacefully in their barracks. In fact, so benign and friendly were the Italians that they soon began making a remarkable impact on Bhopal’s social life. There were a number of artists among the Italian prisoners of war who began painting exquisite portraits and landscapes of Bhopal. They formed a splendid orchestra that gave concerts and served as a live dance-band for my father’s dancing soirees. One of the PoWs was a delightful Signor Rizzo who was employed to become the boxing coach for my son and his two companions. The Italians enriched Bhopal life and some were even sad to leave their confinement at the end of the war. An amusing post-script to the Italian connection with Bhopal occurred in 1950 when I was driving my station wagon across Europe to Pakistan. Stopping at a petrol station on the Italian Riviera, I was flagged down by an animated motorcyclist who had noticed the Bhopal number plates on my car. The stranger had been a prisoner of war in Bhopal and wanted to establish contact with someone from Bhopal. He reminisced with great affection about Bhopal and insisted that we be his guests in his Italian village house. I was moved by this encounter which demonstrated how the Italians had warmed to their enforced stay in Bhopal.
Princess Abida Sultan of Bhopal - hand-painted photograph, 1921

Traduzione 
Un interessante effetto collaterale della Seconda Guerra Mondiale è stato l’insediamento di un campo prigionieri per italiani a Bairagarh, costruito per l’occasione alcune miglia fuori Bhopal e trascurato da Noor-us-Sabah (la residenza del nababbo, ndr). Ventimila prigionieri italiani erano confinati nelle baracche di Bairagarh e per i primi tempi abbiamo raddoppiato la sicurezza a Noor-us-Sabah, nel caso in cui qualche prigioniero in fuga tentasse di intrufolarsi nella casa più vicina che gli fosse capitato di vedere. Dopo alcuni mesi però, fu evidente che i prigionieri di guerra italiani non erano inclini a tentare audaci fughe, ma erano contenti di passare pacificamente il loro tempo nelle baracche. Infatti gli italiani erano così buoni e gentili che presto cominciarono ad avere un notevole impatto nella vita sociale di Bhopal. C’era un certo numero di artisti tra i prigionieri, i quali cominciarono a dipingere stupendi ritratti e vedute di Bhopal. Formarono anche una splendida orchestra che dava concerti e serviva come live band per le serate danzanti di mio padre. Uno dei prigionieri era un certo Signor Rizzo, persona squisita, che fu assunto per diventare allenatore di boxe per mio figlio ed i suoi due amici. Gli italiani insomma avevano arricchito la vita di Bhopal ed alcuni erano perfino tristi di lasciare la prigionia una volta finita la guerra.

Un divertente post-scriptum all’italica parentesi a Bhopal è avvenuto nel 1950 mentre stavo guidando la mia station wagon attraverso l’Europa, diretta in Pakistan. Fermandomi ad un distributore di benzina lungo la costa, fui bloccata da un simpatico motociclista che aveva notato la targa di Bhopal sulla mia auto. Lo straniero era stato prigioniero di guerra là e voleva proprio trovare il modo di stabilire un contatto con qualcuno di Bhopal. Ricordava con grande affetto quel periodo e insistette affinché fossimo suoi ospiti nella sua casa di campagna. Questo incontro mi commosse perché dimostrava quanto gli italiani fossero entusiasti della loro permanenza, anche se forzata, a Bhopal.

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